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Gli altri Balcani
La parola sintomo, in tutti – o quasi tutti – i suoi significati più volte intrecciati, richiama qualcosa che fondamentalmente non è riconosciuto, qualcosa di sconosciuto, represso, più precisamente qualcosa che (dal punto di vista di un soggetto cosciente) viene percepito come ostile, intruso, come vergognoso e, solo per questo, come qualcosa che può essere più o meno pericoloso per il narcisismo del soggetto.
Sarò concreto: i Balcani sono un sintomo. Il sintomo dell’Europa. Il sintomo dell’Europa civile, prospera e benestante, dell’Europa dei diritti umani. In una parola – della nuova Europa che, come pare, tiene molto a sè stessa, alla sua coscienza, a sè come figura morale, alle proprie istituzioni e alla propria cultura. Un’Europa che però contemporaneamente non vede qualcosa che per lei stessa (per la sua sopravvivenza e per un futuro che dovrebbe essere migliore, più felice e anche più tranquillo rispetto al passato) è così essenziale. Di che cosa si tratta?
L’Europa, oggi come sempre, ha i suoi grandi racconti, la sua metafisica, la sua ideologia e la sua demagogia. Il tempo passa, le cose vanno avanti. La gente vive la propria vita, i bambini nascono, i vecchi muoiono, i fiori sbocciano. A prima vista tutto sembra a posto. Questo è il desiderio dell’uomo europeo: che tutto sia in ordine, che tutto sia certo. Pacificato. Inquadrato. Che tutto sia in ordine, ma che sia lui, l’uomo europeo, a governare questo stesso ordine. Per questo motivo il sogno europeo è un sogno di potere e di certezza. Di questo ci parla anche la religione (in senso lato) dell’uomo europeo: la genealogia delle sue credenze e delle sue consuetudini e la sua inclinazione alla scienza. Questo è il principale fantasma della cultura europea – il fantasma di tutti i fantasmi dell’uomo europeo – il fantasma della certezza, della certezza universale, il fantasma del potere. Perchè lì dove c’è certezza, c’è anche potere, e dove vi è potere, vi è anche la sottomissione di ogni alterità e diversità, strettamente collegata a questa stessa certezza e al potere. In nome di questo fantasma tutto appare certo, giustificato. Esistono dei racconti che hanno come unico scopo quello di rendere accettabile all’uomo comune, consumatore di simulacri della certezza, tutta la realtà, qualunque essa sia. Perchè lui possa essere tranquillo, perchè possa essere vivo, felice e soddisfatto, in una parola pacificato, ogni dissonanza deve essere eliminata. La logica di questa eliminazione, di questa pacificazione dell’alterità è la logica del “simulacro”, la logica della vittima e delle mani sporche.
Perdonatemi una parafrasi di un concetto di Heidegger. Lui parla di “Gestell”. Questo suo “Gestell” è la base: la base onnifondante, la base ontologica della realtà. Costruzione ontologica dell’ordine dell’essere, creata da parte del praticamente attivo, pensante, essente. L’era della modernità viene denominata da Heidegger come “Die Zeit des Weltbildes”, come epoca dell’immagine del mondo. Il mondo esiste in funzione dell’immagine, e non viceversa. L’immagine costituisce il mondo, lo sostiene, lo domina, gli fornisce il fondamento, il sostegno, il senso e la ragione dell’esistere. Il Gestell dell’odierno uomo europeo è un derivato (un derivato veramente passionale) del suo desiderio di escludere la diversità. E’ il nervo più intimo dell’apoteosi della sua immagine del mondo che è assolutamente preclusiva di ogni alterità.
La torre di Babele della nostra area geografica, cioè la vecchia e buona Europa, è piena di racconti (purtroppo ho paura che siano dei meri contenitori vuoti) di differenze, di alterità, dell’“altro”. Temo proprio che si tratti di racconti vuoti, riempiti di manierismo e del più comune adeguamento alla moda. Dove governano i fantasmi, non esistono le differenze, lì non vi può essere alcuna reale alterità, alcun dialogo. E’ consentita solo la simulazione del dialogo, la simulazione dell’alterità. Tutto è certo: la massa degli irragionevoli consumatori di tutto ciò che viene offerto sulla piazza europea è finalmente tranquilla, sazia e contenta. Ma il prezzo deve essere pagato. Se davvero tutto deve essere certo (abbiamo visto che così deve essere, ogni ideologia ce lo ribadisce), allora molte cose devono morire, essere amputate, disinvestite e derealizzate. Cosi appare la nostra Europa, culla di filosofi e dittatori, luogo di nascita della civilizzazione e del totalitarismo. Molte sono le vittime. La confusione è anche maggiore. La moltiplicazione costante (con la contemporanea diminuzione dei controlli) della rete delle strade virtuali conduce sempre più ad un luogo senza strade. Al non-essere. E’ qualcosa che non potete afferrare, ma potete solo godere guardando. Se provate a fare qualcosa di più, siete rovinati. Tutti sono responsabili, anche coloro che in un primo momento non si sentono colpevoli.
L’Europa oggi nuota nei propri fantasmi. Tutto è certo, basta leggere i giornali e guardare la televisione. Ciò che sta accadendo è il puro narcisismo, l’acriticità accecata da un immaginario altro. Dalla propria immagine narcisistica, dal fantasma. Questo è tutto, dall’altra parte non esiste niente. Niente e nessuno. Lì esiste una non-realtà e vi sono dei non-uomini. Qualora vengono riconosciuti come esistenti, vengono indicati come dei selvaggi. Non come uomini… Esistono meccanismi, esistono metodi e leve di potere… e, cosa più importante, esiste l’ideologia. Esistono schemi collaudati e reti di scambio di significati e di potere. Bisogna solo fare le mosse giuste (senza chiedersi a chi convengano queste mosse). Bisogna essere pragmatici e lavorare utilitaristicamente. Tutto il resto è meno essenziale. Gli schemi operativi sono spesso portati agli estremi. Sono sicuramente effimeri, hollywoodianamente ingenui. E’ all’opera la semplice logica binaria: gli uni sono buoni e gli altri cattivi, con i primi ci identifichiamo, sugli altri proiettiamo il male che non riconosciamo in noi. Davanti a noi vi è il banale pragmatismo dell’ideologia che non vuole conoscere nient’altro che non sia ciò che va’ bene a lui. In forza di ciò all’uomo tutto appare certo, certi sono anche i Balcani, i Balcani maligni, i Balcani folli. Certi sono perfino i balcanici impazziti, il loro primitivismo e il loro (ho il coraggio di dirlo) valore di utilizzo. Tutto il mondo si presenta come una grande piazza, i Balcani sono il luogo in cui l’Europa si sta svendendo senza prezzo. La domanda che ci si pone è: a chi? Una cosa è la civilizzazione, lo sanno tutti, altro sono questi uomini selvaggi, questi balcanici, gente incline alla guerra e ad un certo impazzimento che si presenta per loro stessi come una sconfitta autodistruttiva. In breve, tutto è certo, senza eccezioni, ma ciò significa che è certo sia ciò che esiste sia ciò che non esiste. Sia ciò che può essere e ciò che non può essere. Sia ciò che dovrebbe essere sia ciò che non vogliamo, che rifiutiamo, che dobbiamo escludere e isolare.
Ogni ideologia è un sogno, un sogno che pretende di dominare metafisicamente il mondo. Per questo esistono i simulacri. Questo è il motivo per cui la gente si abbandona così appasionatamente al proprio piacere. Ci stanno prendendo l’anima, in cambio ci danno (naturalmente, lo sottolineo ancora, in modo fantasmatico) l’illusione della certezza. Da qui tutti i possibili totalitarismi degli imperatori di questo mondo. Il tempo avanza. Il tempo storico. La corrente del tempo. Si raccontano storie, grandi teorie. La carta sopporta tutto. Il discorso accademico delle elite, la letteratura nonché il giornalismo sensazionalista. Mentre l’Europa parla del postmoderno, nei Balcani il postmoderno si sta attuando. Ricordate Nietzsche: “Noi non possediamo la verità”, tutti nel passato “hanno avuto una qualche verità, tutti, persino gli scettici”. L’Europa oggi non possiede la verità, l’ha persa. Ha perduto anche la sua identità e la sua caratteristica figura spirituale di un tempo. Ora ci sono solo i simulacri, e poi c’è il sintomo, il sintomo denominato Balcani. Molti iniziano a soffrire di vertigini, nell’aria comincia ad avvertirsi il panico. A godere di buona salute sono il commercio disonesto e l’ipertrofia della stupidità, la mancanza del gusto e del senso per il buono e per il bello. La ragionevolezza autoriflessiva e responsabile si trova in posizione di difesa. Sicuramente non si sente. In scena ci sono gli oscurantisti e i truffatori, gente senza volto e senza dignità.
I simulacri occupano le aree confinanti in modo reale. Reale nel senso di ciò che è pericoloso, vergognoso e minaccioso. E’ davvero in atto uno strano fermento, un’ebollizione (a momenti addirittura un’oscena mescolanza) di una forza brutale e di una tecnologia altamente, seppur solo formalmente, sofisticata. E’ stata creata una nuova lingua, la lingua dei simulacri. La categoria dell’immagine ha perso i suoi caratteristici contorni, ha oltrepassato i confini del sistema simbolico. Il reale è in crisi. Le informazioni circolano. L’informazione è più importante del fatto. Esiste davvero la persona che può elaborare tutto questo? Le immagini cambiano, spesso sono oscene, immaggini di cadaveri massacrati, di bambini che piangono e delle loro madri impazzite di dolore. Il soggetto è sepolto… Molto di questo dolore c’è intorno a noi. I Balcani ne sono solo il sintomo. Un sintomo che va considerato come un avvertimento. Forse come l’ultimo avvertimento del nostro buon Dio.
I Balcani sono il crepuscolo dell’Europa. Il crepuscolo sintomatico dell’Europa. Il luogo dell’odio e dell’errore, il luogo della confusione, della menzogna e del peccato. Il luogo dove è corso il sangue… Non dobbiamo illuderci, sono davvero in atto forze irrazionali insieme ad una razionalità patologica (che possiamo tranquillamente chiamare anche perversa). Nessuno è innocente. Proprio nessuno, nemmeno coloro che hanno resistito, che sono farmaceuticamente puliti, il cogito dell’osservatore occidentale. Non potreste godere di questa follia, non potreste avvantaggiarvene, se non foste folli anche voi, in qualche modo. Forse addirittura più folli… I Balcani sono oggi il luogo di una seria crisi della più intima teleologia dell’uomo e della società europea. L’idea stessa di cultura è messa in discussione. I Balcani sono la vergogna dell’Europa. Il rombo dei cannoni, almeno per ora, non si sente più. E’ giunto il momento per preoccuparsi, per cominciare a pensare. Per diventare seri, una volta per tutte. Mi spaventa ciò che Freud a suo tempo denominava Wiederholungszwang, cioè obbligo di ripetizione. Non voglio nemmeno pensare a ciò che ci attende, se non riusciremo a trarre le conseguenze da quanto ci è accaduto.
Esistono specchi e specchi. I Balcani sono lo specchio dell’Europa, ma non sono uno specchio mite che piacerebbe ad un narcisismo raffinato. Al contrario, di fronte alla realtà, i racconti finiscono. Non è facile recuperare l’equilibrio perduto. Per molto tempo è stato possibile ascoltare solo coloro che invece avrebbero dovuto tacere. Siamo sommersi da parole vuote. Le parole con un significato, le parole piene sono andate perse, il significato simbolico originario è incrinato. La gente è sotto shock. Dove scorre il sangue, dove c’è la morte, dove si trovano tutte le forme possibili di atteggiamento selvaggio e di una pazzia atavistica di disperati che combattono tra loro, pieni di narcisismo, non c’è posto per i racconti e per la teoria. Il gioco è condotto dai fantasmi, dalle forze terrene dell’anima umana, dal crepuscolo. I Balcani sono il luogo in cui finisce la storia, la storia dell’Europa. Il luogo della rovina della grande saga, il luogo in cui sono svaniti i grandi sogni… Le cose sono semplicemente sfuggite al controllo. Lo spirito è uscito dalla bottiglia. Il ritorno al passato è impossibile, ma è difficile che oggi qualcuno possa con certezza indicarci la direzione giusta.
Questi sono oggi i Balcani. Questa è oggi l’Europa. E’ possibile qualcosa di Altro? E’ possibile che esistano degli “Altri Balcani?” E’ possibile un’“Altra Europa”?
La situazione in cui ci troviamo caratterizza in modo essenziale lo stato attuale delle cose, senza paradigmi, oserei dire. Il destino ha voluto che proprio a noi le cose andassero male, che proprio noi dovessimo vivere le nostre vite in questo mondo nel periodo di una nuova ripartizione dei carati (nel senso ontologico più profondo possibile). Senza alcuna demagogia. Nessuno, infatti, sa quello che sta succedendo. Nessuno, ma proprio nessuno. E comunque, qualcosa sta pur succedendo. Qualcosa di molto importante. Qualcosa che per tanti, purtroppo, è fatale. Il ritorno alle vecchie forme di consolidazione della sfera simbolica dell’umanità, che nel passato funzionavano, ma che oggi sicuramente non hanno più alcun significato, non ci può aiutare. Nell’Europa cristiana c’è così poca cristianità. Sicuramente, in linea generale, è anche assente… Se inoltre consideriamo che l’Islam esiste e avanza, presentandosi oggi in maniera brutale e per nulla subliminata, sicuramente barbarica, la situazione diventa ancora più complicata.
Ci tormenta l’incertezza. Le fiabe non ci salveranno. L’Europa oggi è tormentata dall’incertezza. E dove regna l’incertezza, non è possibile il dialogo. Sono possibili solo la cacofonia, l’odio e il conflitto. I Balcani sono il luogo di una brutale affermazione dell’incertezza. Nei Balcani l’Europa ha incontrato l’incertezza. L’incantesimo si è rotto e all’ebbrezza segue il mal di testa. E’ rimasta una fredda realtà. Un mal di testa, un’incertezza difficile da sopportare, che ci stanca e lentamente ci uccide. Ci porta via la nostra umanità… ci fa diventare dei castrati. Uno degli elementi fondamentali della motivazione umana è indubbiamente la tendenza dell’uomo a fuggire dall’incertezza. Lo facciamo tutti. Qualcuno possiede un totem, qualcuno ha degli ideali, ma di sicuro tutti abbiamo dei fantasmi. Alcuni vivono una vita meno confortevole, altri di più, per alcuni la vita è comoda, per altri è più difficile, senza prospettive, sofferta. Ma per tutti la vita, se solo siamo capaci di guardare le cose come stanno, si presenta come qualcosa di incerto. Siamo testimoni e talvolta (temo) anche involontariamente partecipi di processi e cambiamenti profondi. Processi il cui l’esito ci è a tutti sconosciuto. I fondamenti dell’identità culturale e anche spirituale europea sono seriamente intaccati, si cerca qualcosa di nuovo, un nuovo sostegno… Un nuovo racconto. Alcuni sono alla ricerca di un altro dio, altri invece cercano qualcosa , se mai lo fanno, senza sapere esattamente che cosa.
Questi sono i Balcani oggi, nell’Europa di oggi. I Balcani di oggi sono il sintomo dell’Europa di oggi. Solo una mente estremamente maligna si può accontentare di questo. Nel mondo in cui viviamo c’è qualcosa di fondamentale che non va bene e ciò vale sia per l’Europa che per Balcani. La domanda – il tema è: gli altri Balcani? La risposta è, temo, solo una: se qualcuno davvero vuole degli altri Balcani (e spero che ognuno di noi per motivi diversi lo desideri), allora questo qualcuno deve sapere che gli altri Balcani presuppongono inevitabilmente un’altra Europa. Quale l’Europa, tali i Balcani.
(Tradotto da Damjan Hlede)
Gli altri Balcani
La parola sintomo, in tutti – o quasi tutti – i suoi significati più volte intrecciati, richiama qualcosa che fondamentalmente non è riconosciuto, qualcosa di sconosciuto, represso, più precisamente qualcosa che (dal punto di vista di un soggetto cosciente) viene percepito come ostile, intruso, come vergognoso e, solo per questo, come qualcosa che può essere più o meno pericoloso per il narcisismo del soggetto.
Sarò concreto: i Balcani sono un sintomo. Il sintomo dell’Europa. Il sintomo dell’Europa civile, prospera e benestante, dell’Europa dei diritti umani. In una parola – della nuova Europa che, come pare, tiene molto a sè stessa, alla sua coscienza, a sè come figura morale, alle proprie istituzioni e alla propria cultura. Un’Europa che però contemporaneamente non vede qualcosa che per lei stessa (per la sua sopravvivenza e per un futuro che dovrebbe essere migliore, più felice e anche più tranquillo rispetto al passato) è così essenziale. Di che cosa si tratta?
L’Europa, oggi come sempre, ha i suoi grandi racconti, la sua metafisica, la sua ideologia e la sua demagogia. Il tempo passa, le cose vanno avanti. La gente vive la propria vita, i bambini nascono, i vecchi muoiono, i fiori sbocciano. A prima vista tutto sembra a posto. Questo è il desiderio dell’uomo europeo: che tutto sia in ordine, che tutto sia certo. Pacificato. Inquadrato. Che tutto sia in ordine, ma che sia lui, l’uomo europeo, a governare questo stesso ordine. Per questo motivo il sogno europeo è un sogno di potere e di certezza. Di questo ci parla anche la religione (in senso lato) dell’uomo europeo: la genealogia delle sue credenze e delle sue consuetudini e la sua inclinazione alla scienza. Questo è il principale fantasma della cultura europea – il fantasma di tutti i fantasmi dell’uomo europeo – il fantasma della certezza, della certezza universale, il fantasma del potere. Perchè lì dove c’è certezza, c’è anche potere, e dove vi è potere, vi è anche la sottomissione di ogni alterità e diversità, strettamente collegata a questa stessa certezza e al potere. In nome di questo fantasma tutto appare certo, giustificato. Esistono dei racconti che hanno come unico scopo quello di rendere accettabile all’uomo comune, consumatore di simulacri della certezza, tutta la realtà, qualunque essa sia. Perchè lui possa essere tranquillo, perchè possa essere vivo, felice e soddisfatto, in una parola pacificato, ogni dissonanza deve essere eliminata. La logica di questa eliminazione, di questa pacificazione dell’alterità è la logica del “simulacro”, la logica della vittima e delle mani sporche.
Perdonatemi una parafrasi di un concetto di Heidegger. Lui parla di “Gestell”. Questo suo “Gestell” è la base: la base onnifondante, la base ontologica della realtà. Costruzione ontologica dell’ordine dell’essere, creata da parte del praticamente attivo, pensante, essente. L’era della modernità viene denominata da Heidegger come “Die Zeit des Weltbildes”, come epoca dell’immagine del mondo. Il mondo esiste in funzione dell’immagine, e non viceversa. L’immagine costituisce il mondo, lo sostiene, lo domina, gli fornisce il fondamento, il sostegno, il senso e la ragione dell’esistere. Il Gestell dell’odierno uomo europeo è un derivato (un derivato veramente passionale) del suo desiderio di escludere la diversità. E’ il nervo più intimo dell’apoteosi della sua immagine del mondo che è assolutamente preclusiva di ogni alterità.
La torre di Babele della nostra area geografica, cioè la vecchia e buona Europa, è piena di racconti (purtroppo ho paura che siano dei meri contenitori vuoti) di differenze, di alterità, dell’“altro”. Temo proprio che si tratti di racconti vuoti, riempiti di manierismo e del più comune adeguamento alla moda. Dove governano i fantasmi, non esistono le differenze, lì non vi può essere alcuna reale alterità, alcun dialogo. E’ consentita solo la simulazione del dialogo, la simulazione dell’alterità. Tutto è certo: la massa degli irragionevoli consumatori di tutto ciò che viene offerto sulla piazza europea è finalmente tranquilla, sazia e contenta. Ma il prezzo deve essere pagato. Se davvero tutto deve essere certo (abbiamo visto che così deve essere, ogni ideologia ce lo ribadisce), allora molte cose devono morire, essere amputate, disinvestite e derealizzate. Cosi appare la nostra Europa, culla di filosofi e dittatori, luogo di nascita della civilizzazione e del totalitarismo. Molte sono le vittime. La confusione è anche maggiore. La moltiplicazione costante (con la contemporanea diminuzione dei controlli) della rete delle strade virtuali conduce sempre più ad un luogo senza strade. Al non-essere. E’ qualcosa che non potete afferrare, ma potete solo godere guardando. Se provate a fare qualcosa di più, siete rovinati. Tutti sono responsabili, anche coloro che in un primo momento non si sentono colpevoli.
L’Europa oggi nuota nei propri fantasmi. Tutto è certo, basta leggere i giornali e guardare la televisione. Ciò che sta accadendo è il puro narcisismo, l’acriticità accecata da un immaginario altro. Dalla propria immagine narcisistica, dal fantasma. Questo è tutto, dall’altra parte non esiste niente. Niente e nessuno. Lì esiste una non-realtà e vi sono dei non-uomini. Qualora vengono riconosciuti come esistenti, vengono indicati come dei selvaggi. Non come uomini… Esistono meccanismi, esistono metodi e leve di potere… e, cosa più importante, esiste l’ideologia. Esistono schemi collaudati e reti di scambio di significati e di potere. Bisogna solo fare le mosse giuste (senza chiedersi a chi convengano queste mosse). Bisogna essere pragmatici e lavorare utilitaristicamente. Tutto il resto è meno essenziale. Gli schemi operativi sono spesso portati agli estremi. Sono sicuramente effimeri, hollywoodianamente ingenui. E’ all’opera la semplice logica binaria: gli uni sono buoni e gli altri cattivi, con i primi ci identifichiamo, sugli altri proiettiamo il male che non riconosciamo in noi. Davanti a noi vi è il banale pragmatismo dell’ideologia che non vuole conoscere nient’altro che non sia ciò che va’ bene a lui. In forza di ciò all’uomo tutto appare certo, certi sono anche i Balcani, i Balcani maligni, i Balcani folli. Certi sono perfino i balcanici impazziti, il loro primitivismo e il loro (ho il coraggio di dirlo) valore di utilizzo. Tutto il mondo si presenta come una grande piazza, i Balcani sono il luogo in cui l’Europa si sta svendendo senza prezzo. La domanda che ci si pone è: a chi? Una cosa è la civilizzazione, lo sanno tutti, altro sono questi uomini selvaggi, questi balcanici, gente incline alla guerra e ad un certo impazzimento che si presenta per loro stessi come una sconfitta autodistruttiva. In breve, tutto è certo, senza eccezioni, ma ciò significa che è certo sia ciò che esiste sia ciò che non esiste. Sia ciò che può essere e ciò che non può essere. Sia ciò che dovrebbe essere sia ciò che non vogliamo, che rifiutiamo, che dobbiamo escludere e isolare.
Ogni ideologia è un sogno, un sogno che pretende di dominare metafisicamente il mondo. Per questo esistono i simulacri. Questo è il motivo per cui la gente si abbandona così appasionatamente al proprio piacere. Ci stanno prendendo l’anima, in cambio ci danno (naturalmente, lo sottolineo ancora, in modo fantasmatico) l’illusione della certezza. Da qui tutti i possibili totalitarismi degli imperatori di questo mondo. Il tempo avanza. Il tempo storico. La corrente del tempo. Si raccontano storie, grandi teorie. La carta sopporta tutto. Il discorso accademico delle elite, la letteratura nonché il giornalismo sensazionalista. Mentre l’Europa parla del postmoderno, nei Balcani il postmoderno si sta attuando. Ricordate Nietzsche: “Noi non possediamo la verità”, tutti nel passato “hanno avuto una qualche verità, tutti, persino gli scettici”. L’Europa oggi non possiede la verità, l’ha persa. Ha perduto anche la sua identità e la sua caratteristica figura spirituale di un tempo. Ora ci sono solo i simulacri, e poi c’è il sintomo, il sintomo denominato Balcani. Molti iniziano a soffrire di vertigini, nell’aria comincia ad avvertirsi il panico. A godere di buona salute sono il commercio disonesto e l’ipertrofia della stupidità, la mancanza del gusto e del senso per il buono e per il bello. La ragionevolezza autoriflessiva e responsabile si trova in posizione di difesa. Sicuramente non si sente. In scena ci sono gli oscurantisti e i truffatori, gente senza volto e senza dignità.
I simulacri occupano le aree confinanti in modo reale. Reale nel senso di ciò che è pericoloso, vergognoso e minaccioso. E’ davvero in atto uno strano fermento, un’ebollizione (a momenti addirittura un’oscena mescolanza) di una forza brutale e di una tecnologia altamente, seppur solo formalmente, sofisticata. E’ stata creata una nuova lingua, la lingua dei simulacri. La categoria dell’immagine ha perso i suoi caratteristici contorni, ha oltrepassato i confini del sistema simbolico. Il reale è in crisi. Le informazioni circolano. L’informazione è più importante del fatto. Esiste davvero la persona che può elaborare tutto questo? Le immagini cambiano, spesso sono oscene, immaggini di cadaveri massacrati, di bambini che piangono e delle loro madri impazzite di dolore. Il soggetto è sepolto… Molto di questo dolore c’è intorno a noi. I Balcani ne sono solo il sintomo. Un sintomo che va considerato come un avvertimento. Forse come l’ultimo avvertimento del nostro buon Dio.
I Balcani sono il crepuscolo dell’Europa. Il crepuscolo sintomatico dell’Europa. Il luogo dell’odio e dell’errore, il luogo della confusione, della menzogna e del peccato. Il luogo dove è corso il sangue… Non dobbiamo illuderci, sono davvero in atto forze irrazionali insieme ad una razionalità patologica (che possiamo tranquillamente chiamare anche perversa). Nessuno è innocente. Proprio nessuno, nemmeno coloro che hanno resistito, che sono farmaceuticamente puliti, il cogito dell’osservatore occidentale. Non potreste godere di questa follia, non potreste avvantaggiarvene, se non foste folli anche voi, in qualche modo. Forse addirittura più folli… I Balcani sono oggi il luogo di una seria crisi della più intima teleologia dell’uomo e della società europea. L’idea stessa di cultura è messa in discussione. I Balcani sono la vergogna dell’Europa. Il rombo dei cannoni, almeno per ora, non si sente più. E’ giunto il momento per preoccuparsi, per cominciare a pensare. Per diventare seri, una volta per tutte. Mi spaventa ciò che Freud a suo tempo denominava Wiederholungszwang, cioè obbligo di ripetizione. Non voglio nemmeno pensare a ciò che ci attende, se non riusciremo a trarre le conseguenze da quanto ci è accaduto.
Esistono specchi e specchi. I Balcani sono lo specchio dell’Europa, ma non sono uno specchio mite che piacerebbe ad un narcisismo raffinato. Al contrario, di fronte alla realtà, i racconti finiscono. Non è facile recuperare l’equilibrio perduto. Per molto tempo è stato possibile ascoltare solo coloro che invece avrebbero dovuto tacere. Siamo sommersi da parole vuote. Le parole con un significato, le parole piene sono andate perse, il significato simbolico originario è incrinato. La gente è sotto shock. Dove scorre il sangue, dove c’è la morte, dove si trovano tutte le forme possibili di atteggiamento selvaggio e di una pazzia atavistica di disperati che combattono tra loro, pieni di narcisismo, non c’è posto per i racconti e per la teoria. Il gioco è condotto dai fantasmi, dalle forze terrene dell’anima umana, dal crepuscolo. I Balcani sono il luogo in cui finisce la storia, la storia dell’Europa. Il luogo della rovina della grande saga, il luogo in cui sono svaniti i grandi sogni… Le cose sono semplicemente sfuggite al controllo. Lo spirito è uscito dalla bottiglia. Il ritorno al passato è impossibile, ma è difficile che oggi qualcuno possa con certezza indicarci la direzione giusta.
Questi sono oggi i Balcani. Questa è oggi l’Europa. E’ possibile qualcosa di Altro? E’ possibile che esistano degli “Altri Balcani?” E’ possibile un’“Altra Europa”?
La situazione in cui ci troviamo caratterizza in modo essenziale lo stato attuale delle cose, senza paradigmi, oserei dire. Il destino ha voluto che proprio a noi le cose andassero male, che proprio noi dovessimo vivere le nostre vite in questo mondo nel periodo di una nuova ripartizione dei carati (nel senso ontologico più profondo possibile). Senza alcuna demagogia. Nessuno, infatti, sa quello che sta succedendo. Nessuno, ma proprio nessuno. E comunque, qualcosa sta pur succedendo. Qualcosa di molto importante. Qualcosa che per tanti, purtroppo, è fatale. Il ritorno alle vecchie forme di consolidazione della sfera simbolica dell’umanità, che nel passato funzionavano, ma che oggi sicuramente non hanno più alcun significato, non ci può aiutare. Nell’Europa cristiana c’è così poca cristianità. Sicuramente, in linea generale, è anche assente… Se inoltre consideriamo che l’Islam esiste e avanza, presentandosi oggi in maniera brutale e per nulla subliminata, sicuramente barbarica, la situazione diventa ancora più complicata.
Ci tormenta l’incertezza. Le fiabe non ci salveranno. L’Europa oggi è tormentata dall’incertezza. E dove regna l’incertezza, non è possibile il dialogo. Sono possibili solo la cacofonia, l’odio e il conflitto. I Balcani sono il luogo di una brutale affermazione dell’incertezza. Nei Balcani l’Europa ha incontrato l’incertezza. L’incantesimo si è rotto e all’ebbrezza segue il mal di testa. E’ rimasta una fredda realtà. Un mal di testa, un’incertezza difficile da sopportare, che ci stanca e lentamente ci uccide. Ci porta via la nostra umanità… ci fa diventare dei castrati. Uno degli elementi fondamentali della motivazione umana è indubbiamente la tendenza dell’uomo a fuggire dall’incertezza. Lo facciamo tutti. Qualcuno possiede un totem, qualcuno ha degli ideali, ma di sicuro tutti abbiamo dei fantasmi. Alcuni vivono una vita meno confortevole, altri di più, per alcuni la vita è comoda, per altri è più difficile, senza prospettive, sofferta. Ma per tutti la vita, se solo siamo capaci di guardare le cose come stanno, si presenta come qualcosa di incerto. Siamo testimoni e talvolta (temo) anche involontariamente partecipi di processi e cambiamenti profondi. Processi il cui l’esito ci è a tutti sconosciuto. I fondamenti dell’identità culturale e anche spirituale europea sono seriamente intaccati, si cerca qualcosa di nuovo, un nuovo sostegno… Un nuovo racconto. Alcuni sono alla ricerca di un altro dio, altri invece cercano qualcosa , se mai lo fanno, senza sapere esattamente che cosa.
Questi sono i Balcani oggi, nell’Europa di oggi. I Balcani di oggi sono il sintomo dell’Europa di oggi. Solo una mente estremamente maligna si può accontentare di questo. Nel mondo in cui viviamo c’è qualcosa di fondamentale che non va bene e ciò vale sia per l’Europa che per Balcani. La domanda – il tema è: gli altri Balcani? La risposta è, temo, solo una: se qualcuno davvero vuole degli altri Balcani (e spero che ognuno di noi per motivi diversi lo desideri), allora questo qualcuno deve sapere che gli altri Balcani presuppongono inevitabilmente un’altra Europa. Quale l’Europa, tali i Balcani.
(Tradotto da Damjan Hlede)